AREA TESTIMONIANZE SULLA FIBROMIALGIA

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  1. sadrakan
     
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    MALATTIA DEI MUSCOLI DEL CORPO

    COS'E' LA FIBROMIALGIA La fibromialgia è una malattia reumatica che può colpire tutti i muscoli del corpo, da quelli che troviamo sopra la testa fino ad arrivare ai piedi, mettendoli in costante tensione. I muscoli tesi sottopongono il malato ad atroci dolori che si avvertono principalmente sul collo, sulle spalle, lungo la schiena e lungo le gambe, soprattutto alle giunture. Le persone affette da queste malattia sono anche irrigidite nei movimenti e si ritrovano spesso con gambe e braccia gonfie.

    Chi soffre di fibromialgia si stanca anche con il minimo sforzo e ha difficoltà anche a fare una semplice passeggiata di un minuto, perchè i muscoli, essendo sempre tesi, è come se lavorassero continuamente. I fibromialgici hanno anche difficoltà a concentrarsi ed è quindi una fatica immane per loro dedicarsi ad attività come la lettura. Oltre a questo hanno difficoltà a camminare in spazi ampi e hanno la necessità di appoggiarsi a qualcuno altrimenti rischiano di perdere l'equilibrio e cadono. La tensione muscolare impedisce anche ai pazienti affetti di riposare adeguatamente e durante il sonno e quindi è facile che, anche dopo aver dormito per molte ore, il fibromialgico si ritrovi ancora stanco. Per molti anni, anche se la malattia era stata già descritta nel 1800, la fibromialgia è stata poco conosciuta, soprattutto dai medici che avrebbero dovuto impegnarsi per curarla. Questo è il motivo per cui io e mia moglie abbiamo trascorso degli anni drammatici non riuscendo a trovare nessuno che fosse capace nemmeno di diagnosticare il problema.

    Abbiamo speso letteralmente milioni di lire in visite, viaggi e alberghi nel tentativo di trovare qualcuno in grado di capire da dove venivano i problemi di mia moglie. Spesso sono stato in preda al panico, soffrendo perchè non sapevo come fare per aiutare mia moglie a superare i suoi atroci dolori muscolari localizzati soprattuto lungo la schiena e le gambe. Sembrava non funzionare nulla, neanche i più potenti antinfiammatori che nel frattempo le rovinavano il fegato e lo stomaco. Finalmente qualche anno fa, dopo lunghe e attente ricerche, mi sono imbattuto nel sito www.fibromyalgia.it redatto dal Dott. Marco Ghini, un reumatologo di Modena che da anni è impegnato nella cura di questa malattia. Ci siamo quindi rivolti a lui per avere una cura e ora mia moglie finalmente non soffre più e può condurre una vita quasi normale, anche se per il momento non è ancora stata fatta nessuna scoperta che consenta di eliminare del tutto la malattia. Se volete conoscere meglio la fibromialgia e vedere come può essere diagnosticata e curata visitate il sito www.fibromyalgia.it del Dott. Ghini.






    All'età di 19 anni mi ammalai di anoressia. Ne uscii da sola. A 21 anni cominciai ad avere dei torcicolli strani, frequenti dolori alle spalle, alle braccia e alle gambe. Mi rivolsi a molti medici che curarono dapprima una nevrite, poi delle contratture muscolari ed in seguito delle tendiniti con l'uso di potenti antinfiammatori, fino al punto in cui mi venne una epatite iatrogenica...
    Non so se questo è lo spazio riservato ad una lettera come questa ma intendo raccontare la mia storia di malata e del mio rapporto con l'ambiente medico.

    All'età di 19 anni mi ammalai di anoressia. Ne uscii da sola. A 21 anni cominciai ad avere dei torcicolli strani, frequenti dolori alle spalle, alle braccia e alle gambe. Mi rivolsi a molti medici che curarono dapprima una nevrite, poi delle contratture muscolari ed in seguito delle tendiniti con l'uso di potenti antinfiammatori, fino al punto in cui mi venne una epatite iatrogenica.

    Dopo quasi due anni di tentativi vari, mi rivolsi ad un reumatologo il quale mi diagnosticò la sindrome fibromialgica. Il rapporto con questo dottore fu sempre parecchio difficile, perché non mi spiegò mai che cosa fosse la fibromialgia e le sue visite avevano una scadenza di sei mesi in sei mesi a causa dei suoi numerosissimi pazienti. Non ci fu neanche mai la possibiltà di parlargli al telefono per eventuali problemi dati dai farmaci prescrittomi.

    Provai tutte le cure, dagli antidolorifici, ai vasodilatatori, ai miorilassanti, agli antidepressivi. Tutti con il risultato di un benessere solo temporaneo. Mi venne la gastrite e detti colpa al mio stato ansioso. Nella mia città ci sono solo due reumatologi presso la Clinica Universitaria e quindi mi affidai all'altro poiché le visite furono leggermente più facili da ottenere.

    Le cure però non cambiarono di molto. Mi convinsi comunque in tutti questi anni di avere una “malattia” che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita e che non mi avrebbe permesso mai di vivere felicemente, una malattia difficile da comprendere e che mi toglieva la vitalità e l'energia del corpo e della mente.

    È stata dura accettare i miei dolori continui, le crisi depressive, la dipendenza dalle medicine, l'ansia devastante, l'impossibilità di riavere di nuovo un corpo sano dopo tutte le mie difficoltà precedenti.

    Però non mi arresi, e continuai a mettermi alla prova cercando di fare una vita il più normale possibile. Iniziai la psicoterapia. Ho sempre danzato e continuai a farlo ottenendo dei risultati incredibili. Quando si è malati e si conosce l'infelicità, la reazione successiva è quella di voler ottenere a tutti i costi il benessere.

    Esagerai, come al mio solito. Detti sollievo alla mia mente, superai le mie difficoltà psicolgiche, mi proiettai verso l'esterno con grande estroversione, ma indebolii ulteriormente il mio corpo.

    Un anno e mezzo fa incominciai ad avere dei pruriti strani di notte nelle zona vaginale. Li curai dal ginecologo con una serie infinita di pomate, cortisoniche e non, senza ottenere alcun risultato. Il medico fu addirittura stufo di vedermi in ambulatorio. Mi vennero tagli e ragadi a causa di tali pomate. Decisi allora di andare da un dermatologo che mi consigliò delle tinture rosse di cui ora non ricordo il nome, ma poichè anche questa volta i pruriti non passarono, per mesi presi degli antistaminici e la diagnosi finale fu “psoriasi” poichè mia madre soffre di questa malattia da moltissimi anni.

    Il prurito si diffuse alle orecchie e sulla cute ma senza nessuna chiazza o arrossamenti. Mi furono dati shampo ed ancora altre pomate che mi misi su queste zone, ma non accettai il fatto di curare una psoriasi senza che si vedessero quelle famose piaghe che sapevo ben riconoscere sul corpo di mia madre.

    Mi venne la prima cistite e la curai con gli antibiotici. Incominciarono i mal di pancia ed il prurito divenne talmente forte da rivolgermi al pronto soccorso una serie innumerevole di volte. Fui vista da vari medici e le interpretazioni furono le più varie. Il prurito venne definito “sine materia”, i mal di pancia non calcolati. Continuai con gli antistaminici. Accettai di farmi vedere da un immunologo che mi ricoverò al Day Hospital.

    Feci tutti gli esami possibili compresi quelli per le allergie alimentari ma non venne fuori nulla, solo una candidosi, diagnosi per cui fui rilasciata dall'ospedale. Mi rovinai ulteriormente l'intestino con le successive cure e rimasi al punto di partenza. Stetti senza lavorare mesi e mesi a causa di questi disturbi, l'ansia crebbe a tal punto da mettere a dura prova la mia sopportazione.

    Ritornai di nuovo da un altro dermatologo per eseguire il Patch Test, ma non me lo fece. Mi prescrisse della vitamina A e dei farmaci per le allergie alimentari. Peggiorai sempre di più. Dato il mio passato di anoressica, mi disse che i miei disturbi erano solo frutto di miei “autocondizionamenti” e che il mio corpo inconsciamente rifiutava da solo le medicine.

    Non lo interpellai più, sapevo dentro di me che questo non era vero, mi fidai anche di me stessa. Mi rivolsi senza l'adeguata prescrizione al pronto soccorso del reparto di reumatologia poichè fu impossibile contattare il mio reumatologo: mi colse la disperazione. Mi fu detto che tutte quelle carte erano inutili, che mi dovevo mettere il cuore in pace, accettare i miei disturbi, prendere del buscopan per un mese e mezzo.

    Nessuno mi credette, ovvero nessuno credette alla mia esposizione dei fatti. D'altra parte tutti gli esami continuarono ad essere poco probanti. Se non fossi stata seguita dall'esterno dalla mia psicologa e se non avessi conservato un pò d'energia dentro di me per affrontare quell'ulteriore situazione, chissà cosa sarebbe successo. Ebbi un'altra cistite ed episodi di coliche intestinali. Iniziò un nuovo calvario con il gastroenterologo.

    Nuovi accertamenti e sempre gli esiti negativi. Andai all'ospedale per farmi ricoverare. Non mi trattennero, il mio caso non fu evidentemente così grave. Mi informai via computer sulle intolleranze alimentari trovando informazioni datemi da un ospedale e fui certa di aver trovato la soluzione.

    Tutto combaciava. In seguito dovetti ricoverarmi a pagamento seguita dal mio gastroenterologo in attesa di aver un appuntamento da una nutrizionista che poi mi indicò il nominativo di un esperto nel settore delle ipersensibilità alimentari. Eseguii ancora l'urografia, l'ecografia e la colonscopia non sopportando alcun farmaco.

    Non mi credette nessuno, mi continuarono a dire che non esiste “nessuna patologia di prurito legata a problemi intestinali”. Quante volte colsi negli occhi dei medici incredulità di fronte ai miei dolori fisici. Più tentai di spiegarmi raccontando le mie ultime “scoperte”, più mi considerarono una ipocondriaca. Uscii dall'ospedale piangendo. Non mi feci illusioni sulla visita che avrei effettuato presso il centro che mi fu indicato; probabilmente sarebbe stato un altro fallimento ed invece oggi posso dire di essere felice di aver incontrato qualcuno in grado di capire la relazione tra l'intestino e il resto del corpo e della mente.

    Prima di questo ho subìto una serie infinita di umiliazioni, e al di là dei dolori fisici che con grande volontà ho sopportato, oggi mi rendo conto di quanto la medicina tradizionale sia volta spesso a curare solo gli effetti, e quanta poca attenzione si dia al malato che in venti minuti deve raccontare tutto il suo excursus e ricevere la diagnosi, quanta aria di superiorità ci sia nell'approccio con il paziente, quanto poco tempo si dedichi all'interpretazione dei sintomi e quanto facile sia la prescrizione dei farmaci senza spiegare a cosa il paziente potrebbe andar incontro e quanto sia facile prescriverli senza aver accertato un vero e proprio disturbo. Ma soprattutto mi sono meravigliata dell'incredulità della medicina tradizionale nei confronti di quella definita “alternativa”.

    Ritornata dalla città in cui ho valutato la mia ipersensibilità alimentare, e stando decisamente meglio, ho informato il mio gastroenterologo dei disturbi a questa correlati. Mi ha guardato con la stessa aria di incredulità precedente non ammettendo che un altro medico potesse aver risolto il mio caso. Quanta ottusità. Addirittura l'ultimo dermatologo mi disse che non possedevo “capacità d'intendere” perché osai sottolineare i suoi errori di fronte all'evidenza dei fatti. E così tutti gli altri medici con cui ho voluto confrontarmi, ad eslusione di un solo reumatologo che si è invece considerato interessato e disponibile a collaborare con il centro cui mi ero rivolta, nonostante la sua scarsa conoscenza sull'argomento “intolleranze”.

    Ora sto intervenendo sulla fibromialgia in altro modo, sono riuscita a far collaborare la mia psicologa con l'osteopata. Ho capito le origini dei miei disturbi. Ho capito la “mia” fibromialgia e se di “cambiamento” si tratta, cambiamento sarà.

    Intendo ristabilire il mio equilibrio fisico e psicologico rispettandomi. Magari ci vorrà del tempo prima di arrivare ad una totale e nuova consapevolezza ma se non ho perso nel corso di tutti questi avvenimenti la tenacia e la volontà, non intendo di certo cominciare ora.

    Ciò che a tutt'oggi mi fa ancora inorridire è che se non avessi avuto i mezzi per muovermi e capire giustamente la mia situazione, mi sarei davvero convinta di essere in preda a forme di depressione e di ipocondria forti e se non lavorassi con i miei genitori, forse avrei perso il lavoro.

    Oggi che sto molto meglio, so che se non avessi avuto una giusta capacità di valutazione sarei diventata una “vittima” come tanti altri.



    testimonianza
    Mi chiamo Patrizia, sono un'insegnante di Educazione Fisica e fino a 5 anni fa ero in ottima salute. Che dire... dopo vari interventi alle spalle (retaggi di sport agonistico) mi sono ritrovata nell'ottobre 2002 con la Fibromialgia. Mi sono subito chiesta: "MA COS'E'"?
    Ho navigato su Internet per trovare risposte che i medici non ti sanno dare, con questo malessere che ti prende tutto il corpo, con dolori alle articolazioni che non hai mai provato prima e a cui non sai dare un nome, e una stanchezza tale che fare solo tre piani di scale equivale a fare a piedi e di corsa i gradini dell'Empire State Building.
    Ti chiedi: sarà una malattia grave? A leggere sui siti sembrerebbe di no, dato che non è degenerativa. Sarà una malattia curabile? Sembrerebbe di sì, dato che vengono utilizzati alcuni farmaci , oltre a terapie fisiche e soluzioni alternative... Allora ascolti quello che i medici ti dicono, usi i rimedi alternativi - nel mio caso agopuntura e integratori vari - e ricominci a fare movimento...
    Già il movimento! Nell'ultimo anno sembrava che la mia vita dovesse prendere un'altra piega. Mi chiedevo:"Come faccio a fare il mio lavoro basato essenzialmente sul movimento? Non riesco neanche a fare le scale!".
    Poi, girovagando su Internet trovo il gruppo Fibroamici. Ma chi saranno? Boh, vediamo che hanno da dire! Ebbene, posso dire che se non ci fossero stati loro in quest'ultimo anno a darmi fiducia, a incoraggiarmi con le loro esperienze, con le loro indicazioni, sarei ancora qui a lamentarmi e a non trovare una via d'uscita ai miei dolori, alla mia fatica.
    Questo bagaglio di informazioni mi ha fatta rinascere, mi sono tirata su le maniche e ho trovato una nuova fiducia: ho ricominciato a muovermi, stringendo i denti ... sì, perché correre o pedalare con le ginocchia rigide è il massimo dell'idiozia, eppure.....io da due mesi non prendo farmaci, ho solo ricominciato a muovermi, piano, con calma, camminando, correndo piano, poi più forte.
    Mi sono dedicata a me; i miei tempi sono da bradipo rispetto a qualche anno fa, ma so che è la via giusta, sto percorrendo un sentiero facile, perché VOLUTO DA ME, con la coscienza dei mie limiti e delle mie possibilità e ce la sto facendo.... sì ce la sto facendo!
    Camminiamo insieme amici e abbiate fiducia, ce la faremo tutti! CIAO.



    testimonianza
    Mi chiamo Paola, la mia storia di FM ha inizio nel dicembre 2002.
    I sintomi degli anni precedenti non li considero perché non sono paragonabili a quelli che cominciai ad avvertire la notte seguente la somministrazione di un vaccino antinfluenzale. Mi svegliai con una sensazione strana, di compressione e bruciore, che non avevo mai provato prima. Sembravano delle “morse” – come se qualcuno mi volesse stringere i muscoli, i tendini, le articolazioni. Da quel momento quel dolore mi accompagnò ogni secondo, ogni minuto, svegliandomi di notte e rendendomi sempre più stanca e debole durante il giorno. Dopo qualche settimana il braccio destro perse forza all’improvviso; stavo guidando, scivolò giù dal volante, mi spaventai. Mi aiutai con l’altro braccio per riportarlo in posizione.
    L’unico ricordo bello che ho di quel periodo è quello dei miei figli. Quando ero costretta ad usare l’auto, loro mi inserivano a turno le marce e io gli assegnavo dei punteggi di bravura. Ridevamo tutti quanti. Allora avevano 15, 12, e 11 anni.
    Si avvicinava il Natale. Ero in attesa del referto degli esami clinici. Ai miei clienti (sono traduttrice) dicevo che ero troppo impegnata e rifiutavo i lavori, ma la verità era che non riuscivo più ad utilizzare la tastiera. Non riuscivo neppure ad aprire il portafoglio (ma questo era un vero alibi perché non sono mai stata amante dello shopping natalizio). Il braccio era sempre più inerte, non sapevo come tenerlo; penzolante o piegato era comunque visibilmente sofferente.
    Rimasi a casa da sola un paio di giorni. Navigai su internet per ore e ore, digitando con poche dita gli esiti parziali dei mie esami alla ricerca di un nome. Si aprivano le pagine web sulle malattie autoimmuni: sclerosi, artrite reumatoide, e io intanto tremavo come una foglia.
    Finalmente arrivarono gli esiti completi degli esami. Il reumatologo escluse la patologia autoimmune. Mi sentii rinata. Il peggio era escluso, e a me, in quel momento, interessava solo la parola ”esclusione”. La diagnosi fu fibromialgia, sindrome del canale ulnare al braccio destro (patologia lavorativa) e TOS (Outlet Thoracic Syndrome).
    Da quel momento la sensazione di “essere stata fortunata” si radicò in me, per poi sostenermi nel processo di miglioramento.
    Per un paio di mesi rimasi nella stessa condizione fisica, impossibilitata a lavorare e ad accudire la casa. Ma l’umore era buono, i miei pensieri non erano più rivolti in modo ossessivo alla malattia e alla ricerca delle cause più svariate. Complice fu anche il reumatologo che mi suggerì di dare meno peso agli eventi, di affrontare la vita con più superficialità, di fare ciò che mi faceva sentire bene.
    Cominciai a ragionare diversamente: “Il lavoro? Se perderò i clienti pace amen. Vedrò cosa potrò fare in futuro. I lavori di casa? Non importa, sono viva. I ragazzi? Se la cavano benissimo da soli, anzi è il momento giusto per responsabilizzarli di più. Il marito? Mi aiuterà, ne sono certa. Gli amici? Anche se non li frequento non importa, e se non mi capiscono ora non è determinante. I genitori? Mi stressano sempre, e quindi è meglio che se ne stiano a casa loro.” E via di questo passo….
    Ecco il secondo passo. Cominciai a camminare in modo diverso, non più di fretta come avevo fatto per anni, come una che ha sempre il battaglione alle calcagna. Con calma; costretta sempre a fare tutto di fretta, imparai ad usare la calma.
    Il terzo passo: le passeggiate. Verso primavera decisi di muovermi. Mio marito mi spronò con le buone ma anche con le cattive, e fece la cosa migliore. In un articolo specialistico lessi che la corsa dolce all’aria aperta è una misura terapeutica complementare per la FM. Raccolsi le poche energie e andai al parco; all’inizio in compagnia, ma poi capii che preferivo starmene da sola. Era arrivato il momento di riprendere fiato, da sola. Vinsi la mia timidezza. Un giorno, sebbene fossi ancora zoppicante, cominciai a correre lentamente. Sapevo che non c’era alcuna lesione ai muscoli e ai tendini, né l’avrei provocata correndo. Questa consapevolezza mi aiutò a distogliere il pensiero dal dolore. Cominciai a leggere i dettagli della natura, a controllare il mio respiro, a liberare i miei pensieri. Dopo un mese di corsa dolce i muscoli cominciarono pian piano a rilassarsi. La natura era diventata mia complice.
    Il quarto passo: una terapia farmacologia azzeccata. Basta risvegli mattutini massacranti, basta “morse”, calore al volto, punture, nodi alla gola, tachicardia. Grazie ad un nuovo medico e ad una nuova terapia di farmaci e integratori, il disagio fisico si attenuò notevolmente e imboccai la strada del miglioramento. Ricominciai a lavorare a ritmi accettabili, senza sentirmi inseguita e condizionata dal lavoro come nel passato. La gradualità della corsa mi aveva insegnato nuovi ritmi, rispettosi del mio fisico e dei miei limiti.
    Il quinto passo: ora mi sento bene, quando corro sento l’energia che pulsa tra le mani. Non c’è più divario tra salute e malattia, tra come ero prima della FM e come sono adesso.



    in inglese
    FibroMoves Keeps Her Moving
    Thursday, July 5, 2007
    By: Kathy Zador

    Reprinted from FMOnline

    Since January 2001, I have been struggling with fibromyalgia. Although this pain syndrome affects all aspects of my life, I have been proactive in dealing with it.





    I joined and became an active member of the local fibromyalgia support group. Also I discovered a wonderful program called FibroMoves. This is a warm water aquacize program designed specifically for fibromyalgia suffers. It allows me to exercise, because I can no longer walk even short distances without experiencing pain. The cardio workout helps me keep in shape.





    We lost the program at one pool, so I contacted another pool manager and asked her to dedicate an hour per week to us. As she was agreeable, I volunteered to lead the classes until we were able to find an instructor. That didn’t happen, so I have almost finished the training to become a qualified CALA instructor. CALA was flexible so that I could participate within my limitations yet achieve my goal.





    We now have a FibroMoves class every day with 33 participants attending classes at three pools. My FibroFriends who attend the sessions say it has a positive effect on their lives, not just physically but emotionally and mentally, too.

    http://www.fmaware.org/site/News2?page=NewsArticle&id=6084










    testimonanze in inglese
    Exercising and In Control
    Thursday, July 5, 2007
    By: Annette Gross

    Reprinted from FMOnline

    When I was diagnosed with fibromyalgia in 1997, I had no idea how the disease would progress. I had pain in my hips which eventually moved to neck, legs, feet and arms, and easy movement was quite difficult. Instinctively I knew that I had to “get moving.”





    I joined a gym and began working out. I worked mainly on a treadmill, because I found that stretching my leg and hip muscles was crucial. But I realized that wasn’t enough.





    This past December I joined Curves. The machines give me an integrated full-body workout and the recovery boards address cardiovascular needs. Besides feeling better, I have lost one dress size and feel more in control of my illness!

    http://www.fmaware.org/site/News2?page=NewsArticle&id=6088







    IMPARARE A PENSARE A SE STESSI
    " da quando non sto bene ho cominciato a pensare un pò più a me e correre un pò meno ogni qual volta mi chiamano cosi' mi sento anche in colpa visto che mio papà e in carrozina, questa è un sintesi molto breve della mia vita "

    Signora XXXX, quello che mi scrive è una sintesi, ma è molto importante e significativo.
    Lei si trova tra l'incudine ed il martello: da un lato deve finalmente preservarsi, dall'altro è schiacciata dai sensi di colpa perchè non pensa a suo padre.
    Io credo che questa situazione è dovuta al non aver pensato a tempo debito ai suoi diritti ed alle sue giuste esigenze individuali. Adesso ha ragione,è veramente dura.
    Ma deve rendersi conto che non deve assolutamente smettere di pensare prima a se stessa, i dolori sono li a ricordarglielo.
    Vede i pazienti parlano sempre di dolore, in realtà non si tratta di questo, cioè non è lo stesso dolore che siamo abituati a conoscere quando ad esempio abbiamo una ferita,una contusione o una lesione ad un qualsiasi tessuto del nostro corpo. Non per nulla i normali antidolorifici poi non funzionano, nemmeno la morfina che usiamo nel dolore da tumore.
    E' in realtà una sorta di alterazione del nostro sistema nervoso che si manifesta a livello sensoriale come il dolore convenzionale.Questa alterazione non è un difettoso funzionamento bensì una modalità con la quale il cervello pensante ci fa sentire tutta la sua disapprovazione per come gestiamo le nostre emozioni (rabbia,paura etc) o meglio, per come non facciamo qualcosa di efficace per alleviare la nostra sofferenza morale. E' per il nostro non-scegliere per paura,sensi di colpa,condizionamenti iniziati sin dall'infanzia. Tutte cose che ci hanno spinto a pensare prima agli altri che a noi stessi. Per non aver agito in funzione di un sano egoismo, egoismo swppur naturale e giustificato, ma represso consciamente ed inconsciamente, per obbedire ad un codice morale che altri hanno scelto per noi senza tener in debito conto le nostre sacrosante esigenze di individui. La legge biologica dell'evoluzione ci impone l'obbligo alla sopravvivenza ed alla riproduzione per salvaguardare la specie "genere umano".
    Nel momento in cui andiamo contro queste due regole biologiche nascono problemi.
    Alcuni se li gestiscono in un certo modo questi problemi, altri in modo differente: uno di questi modi è la fibromialgia.
    Non si scappa, se andiamo contro i nostri interessi individuali in modo innaturale, la malattia è sempre in agguato a segnalarci il danno che ci stiamo facendo.
    Ritengo in base a queste mie considerazioni, sviluppate in anni di lavoro con i fibromialgici, che se non c'è un inversione di rotta (per semplificare, di farci un pò più egoisti) è impossibile uscire dalla fibromialgia.
    E' per questo che le cure intese come esclusivo ricorso ai farmaci, non funzionano. Non può esistere un farmaco che ci obblighi a sopportare un atteggiamento di autodistruzione.


     
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